INTENSITÀ NEL BODYBUILDYNG

RELAZIONE TRA CARICO E LAVORO

La definizione di intensità nel bodybuilding, è ricca di sfaccettature.

La definizione scientifica di intensità nell’ambito degli sport caratterizzati dallo spostamento nello spazio circostante di un carico, si riferisce al massimo carico sollevabile per un singolo sollevamento.

È logico quindi, che se a sancire il livello più alto della prestazione, è il carico più alto sollevato, ogni postura e traiettoria derivante viene calibrata in funzione di questo.

LA RICERCA DELLA MASSIMA TENSIONE, È LA CHIAVE DI VOLTA?!

Quando, invece, si richiede al sistema nervoso il maggior reclutamento possibile delle fibre muscolari di uno specifico settore del corpo, ogni postura assunta per svolgere un determinato esercizio, genera una traiettoria specifica del bilanciere o dei manubri, o se si adopera una macchina la cui traiettoria è già dettata dalla meccanica dell’attrezzo, sarà la biomeccanica del soggetto a doversi adattare.

Ne consegue un reclutamento muscolare dipendente dalla direzione in cui verrà mosso il carico in base alla biomeccanica del movimento, o all’adattamento biomeccanico alla traiettoria imposta dall’attrezzo utilizzato.

In questo modo si va a ricercare il massimo grado di tensione muscolare che può essere espressa da quella catena cinetica, o addirittura ancora più selettivamente dal singolo gruppo muscolare coinvolto.

La definizione di intensità nel bodybuilding, potrebbe quindi essere data dal quantitativo massimo di tensione muscolare esprimibile.

Tuttavia senza relazionare questo fattore al tipo di lavoro da svolgere, inteso sia in termini quantitativi (volume e densità) che qualitativi (carico spostato e reclutamento conseguente in base alla postura adoperata) non è possibile definire questo parametro con chiarezza.

Il livello di fatica accumulata nei muscoli coinvolti in uno specifico movimento, prima di eseguirlo, è anch’esso un fattore determinante per ottenere la massima intensità da ogni singolo esercizio.

In una sessione ci può essere quindi un sollevamento in cui si riesce ad essere più prestanti perché eseguito prima e viceversa.

Potremmo quindi definire l’intensità nel bodybuilding come il grado di tensione massima espressa da un gruppo muscolare, in un arco di tempo necessario ad innescare i meccanismi che danno origine all’ipertrofia muscolare.

IL PICCO DELLA PRESTAZIONE CORRISPONDE AL PICCO DELL’INTENSITÀ?

La mia migliore prestazione in un allenamento per le gambe, è stata quando ho sollevato 180 kg per 10 ripetizioni allo squat, di cui otto in tensione continua e le ultime due con una minima pausa in alto (il tempo di un respiro).

Ho raggiunto il carico per la serie finale attraverso tre serie da 10 ripetizioni rispettivamente con 60, 100 e 140 kg. Recuperi generosi.

A seguire diverse serie di pressa fino a 20 ripetizioni con 320 kg e poi due serie da 20 passi di affondi in camminata con 60 kg.

Negli ultimi tre allenamenti ho ridotto leggermente i recuperi ed ho eseguito quattro serie con carico a salire, da 15 ripetizioni con 70, 15 con 110, 15 con 140, concludendo con 13 ripetizioni a 170, di cui dieci consecutive e le ultime 3 con un minimo recupero in cima (un respiro).

A seguire affondi sul posto, concentrando il lavoro su una gamba e poi sull’altra. Tre serie per arto, tutte da 15 ripetizioni, partendo con 50, poi 60 ed infine 70 kg.

Poi affondi in camminata a corpo libero 100 passi.

Nel penultimo allenamento ho ridotto ulteriormente il recupero, mantenendo la stessa progressione di carico e ripetizioni.

Questo mi ha permesso di eseguire solo dieci ripetizioni con 170 kg, ma per aumentare il volume e la densità (lavoro per unità di tempo), ho inserito due riduzioni di carico immediatamente (sono rimasto con il bilanciere sulle spalle mentre due assistenti scaricavano le piastre da 15 kg per dal bilanciere) ed ho completato altre 5 ripetizioni con 140 e cinque con 110 kg.

Il dolore ai quadricipiti causato da questa tecnica (anche i glutei sono stati sollecitati abbondantemente) è stato talmente esagerato che non riuscivo ne a camminare ne a stare fermo.

La situazione è migliorata leggermente dopo la prima serie da 12 ripetizioni di pressa con 240 kg ( ho dovuto avvalermi dell’ausilio di un assistente che mi caricava le piastre).

Ho aumentato di due piastre per lato, passando quindi a 280, 320, e 350 nell’ultima serie, tutte da 12 ripetizioni.

Poi però, con l’aumentare del carico e quindi della tensione muscolare, il dolore lancinante è tornato.

A seguire ho fatto 50 passi di affondi in camminata con 20 kg ed altri 50 a corpo libero.

Nell’ultimo allenamento ho eseguito la pressa per prima.

Quattro serie a salire, con 240, 280, 320 e 380 kg, tutte da 15 ripetizioni.

L’ ultima serie è stata molto impegnativa. Recuperi inferiori ai due minuti.

A seguire lo squat, 15 ripetizioni con 80, 12 ripetizioni con 110, altre dodici con 140 ed infine 9 con 170, tentando la decima senza successo.

Tutte in tensione continua ovviamente.

In base alla priorità attribuita ad ogni esercizio, si verifica un’alternanza del picco delle prestazioni in termini di quantità di lavoro svolto a parità di carico in rapporto al potenziale.

Tradotto significa che se lavoro in modo da esaltare la prestazione allo squat con un determinato carico, non farò di certo tutte quelle ripetizioni nelle serie precedenti e recupererò a sufficienza.

Lo stesso vale per la pressa e gli affondi (ricordo ancora i 14 passi con ginocchio al suolo, con un bilanciere da 100 kg sulle spalle o i 500 kg di pressa per 8 ripetizioni).

RAPPORTO TRA RIPETIZIONI ESEGUITE E RIPETIZIONI ESEGUIBILI, OVVERO, LAVORO ALL’INTERNO DELLA SERIE.

Ricapitolando, la mia prestazione a parità di carico ha subito un decremento, tuttavia l’intensità in relazione al lavoro da compiere ha raggiunto il picco nella sessione in cui la prestazione allo squat ha subito una flessione.

Questo picco è stato possibile raggiungendo la saturazione del numero di ripetizioni eseguibili con quel carico in quel momento.

L’allenatore Federico Sirna, lo chiama lavoro dentro la serie, e si ricava rapportando le ripetizioni eseguite a quelle eseguibili.

Questa è la definizione scientifica dell’intensità relativa.

Se questo si mette in relazione al grado di tensione imposto dal reclutamento muscolare in base ad una determinata traiettoria scaturita dalla postura assunta per svolgere un sollevamento, si ottiene la più “limpida” comprensione su cosa si intende per intensità nel bodybuilding.

Non ho assolutamente la certezza di quale sia stata, tra le sessioni che ho descritto, quella più intensa in generale, ma nel dubbio mi sono allenato, mi alleno e mi allenerò…

Di Scilipoti Nino