INCREMENTO DEL VOLUME ALLENANTE E RISPOSTE DELL’ORGANISMO

percorso personale di un anno che mi ha permesso di risalire sul palco con 2-3 kg in più rispetto ai due anni precedenti e con una condizione migliore

Per chi non mi conosce mi chiamo Nino e mi alleno da vent’anni.

Non ho mai ricercato un lavoro che mi garantisce crescita muscolare impiegando meno risorse, ma quel lavoro che mi facesse crescere di più!

Ho sempre avvertito maggiormente produttivo spingere forte, ma accumulando meno lavoro, e quindi nel dubbio, mi sono sentito a mio agio ad eseguire una serie in meno a prescindere.

Nella mia situazione specifica, a causa dell’affaticamento provocato dall’accumularsi delle serie, il mio allenamento perdeva efficienza e di conseguenza diveniva meno efficace (l’aspetto riguardava soprattutto la sfera mentale, per certi versi…), perché avvertivo la sensazione di non riuscire a recuperare.

“Ho creduto fermamente nell’alta intensità, ma credo anche nel volume, ragion per cui adesso, nel dubbio, eseguo sempre una serie in più, perché l’intuizione è tale perché sa. Il cervello, la mente, pensano, perché non sanno”…

 

È TUTTA UNA QUESTIONE DI ADATTAMENTI SPECIFICI

Gli eventi macroscopici che si manifestano all’esterno dell’organismo, come l’allenamento, generano una moltitudine di stimoli, messaggi che vengono tradotti da ogni singola cellula, che risponde dall’interno.

La meccano-trasduzione consiste in tutta quella serie di stress meccanici che sollecitano i meccano-sensori posti sulle membrane cellulari, che a loro volta attivano specifiche proteine intracellulari implicate nella trasformazione del messaggio/stimolo da meccanico a chimico.

I messaggeri chimici non sono altro che fattori che stimolano la sintesi proteica.

LE PROTEINE SERVONO SOLO A COSTRUIRE MUSCOLI?

Per me la massima intensità relativa, ovvero quella che consente il massimo reclutamento delle fibrocellule per un periodo di tempo sufficiente a fare in modo che si verifichino i fenomeni di meccano-trasduzione è data da:

“quella resistenza che genera un grado di tensione tale da provocare la prematura catabasi delle molecole altamente energetiche, annichilendo in brevissimo tempo la capacità contrattile; deve essere abbastanza breve da contenere gli acidi, ma sufficientemente durevole da scompensare l’architettura miocitaria”.

 

MANCATO RECUPERO…SOLO SENSAZIONE O FATTORE CONCRETO?

Sentire i muscoli “imballati” e l’assenza di pienezza muscolare nei giorni successivi alla sessione allenante, sono condizioni che si manifestano quando la quantità di stimolo somministrato eccede le capacità di approvvigionamento metabolico della cellula.

Il reclutamento ottimale può essere seriamente compromesso dall’accumulo intracellulare di composti derivati dal metabolismo, con conseguenze catastrofiche sulla capacità contrattile.

Quando ciò si manifesta, riuscire a trovare una via alternativa non è così semplice e per questo ho sempre perseguito la via dell’intensità (che ovviamente essendo direttamente proporzionale al volume, all’aumentare di un parametro vi è un conseguente decremento dell’altro e viceversa), ma fino ad un certo punto…

Tutti i fattori che ho analizzato si verificano in situazioni metaboliche conseguenti
all’adattamento (o al mancato adattamento) cellulare ad uno stimolo.

L’organismo va incontro a fenomeni adattativi agli stress che gli vengono imposti.

Se la cellula (che è sempre pronta ad interpretare e codificare i messaggi in entrata rispondendo di conseguenza) non si è ancora adattata ad uno specifico stimolo, per via della natura dello stesso (somministrato fino a quel momento) o per mancato adattamento dovuto a fattori temporali (la tipologia di stimolo specifico è somministrato da poco tempo), può sempre sviluppare le capacità necessarie di codificare e tradurre nel modo corretto un determinato messaggio, come risposta di adattamento.

Quindi cambiano anche le condizioni, poiché la capacità di reclutamento più che dal volume in sé, viene inibita dal sistema nervoso in risposta all’affaticamento.

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE (SNC) GESTISCE I FENOMENI DI ECCITAZIONE E DI INIBIZIONE, fondamentali per garantire la qualità del reclutamento delle unità motorie.

COME E QUANTO ALLENARSI PER CRESCERE

in questo breve articolo è spiegato il fenomeno della contrazione muscolare.

Mentre una contrazione progredisce, la frequenza di reclutamento diminuisce.

Se aumenta la durata massima della contrazione aumenta anche l’affaticamento e si riduce la frequenza di reclutamento per via dell’aumento dell’inibizione nervosa.

Questo accade perché:

  • mantenendo un’intensità alta, con l’affaticamento la cellula nervosa passa in uno stato di inibizione per proteggersi degli stimoli esterni. L’affaticamento deve essere quindi visto come un mezzo dell’organismo per proteggersi dal danno alle strutture contrattili.
  • in uno studio è stato visto che partendo da una contrazione massima volontaria di 30 secondi, la frequenza finale di reclutamento diminuisce dell’80% (Mardsen et al. 1971). In un secondo studio è stato rilevato che aumentando la durata della contrazione, l’attivazione di vaste unità motorie diminuisce ed il ritmo di reclutamento si abbassa sotto il livello di soglia in quella determinata zona d’intensità (Grimby et al. 1992).

Ogni proseguimento della contrazione oltre quel livello è possibile attraverso brevi sprazzi di energia (reclutamento fasico), ma non può essere preso in considerazione per una prestazione continuativa (nel senso che posso spingere sopra soglia per pochi secondi anche se sono affaticato, ma per un paio di ripetizioni).

Se quindi mentre si svolge un allenamento molto voluminoso, che provoca deplezione dei fosfageni, del glicogeno, accumulo intracellulare di lattato e ioni idrogeno, le capacità contrattili vengono inibite sia sistemicamente che localmente, ma sarà possibile comunque incrementare la resistenza per qualche serie più pesante.

L’affaticamento che inibisce l’attività muscolare può essere neutralizzato in qualche misura modulando lo stimolo, in quanto le unità motorie possono alterare la frequenza di reclutamento se non si supera un certo stato di affaticamento, ed il muscolo conserva la forza in modo più efficace.

Quindi il periodo di massimo sviluppo della tensione muscolare non può essere protratto fino al cedimento muscolare o addirittura oltre e se ciò dovesse accadere, va limitato ad un numero minimo di serie.

ADATTARSI ALL’INCREMENTO DEL VOLUME ALLENANTE

tredici mesi fa ho iniziato ad incrementare il numero di serie e la frequenza allenate. Diciamo che non sono un tipo da mezze misure, quindi da subito ho impostato la massima frequenza possibile, con tre allenamenti per micro-ciclo (corrispondente alla settimana, più o meno…) per gruppo muscolare.

Significa che ho allenato tre volte le gambe, tre volte le braccia, tre volte i pettorali, le spalle e la schiena per sei giorni consecutivi ed il settimo di riposo, oppure per cinque giorni consecutivi ed il sesto di riposo, e poi per sette giorni consecutivi e l’ottavo di riposo.

Nell’arco di un mese ho portato il totale delle serie giornaliere da 25 a 35, poi nei mesi successivi gradualmente a 45-50, volume che ho tenuto per un mese, per poi scendere a 35-40 e mantenerlo per molti mesi, fino a quando la dieta e la percentuale di grasso in continua riduzione mi hanno “costretto” a scendere gradualmente a 25-30 serie.

Ora… non ricordo bene le tempistiche riguardanti la modulazione della frequenza, ma già dal terzo mese ho ridotto gli allenamenti degli arti inferiori a due unità settimanali, distribuendo l’enfasi una volta sui quadricipiti e l’altra sui posteriori coscia.

Ho ridotto la frequenza a due unità allenanti anche per i pettorali.

Negli ultimi periodi, sempre in prossimità delle gare, sono sceso ad un’unità allenate a micro-ciclo per le gambe.

Gli altri gruppi li ho allenanti con una frequenza mista.

Per alcuni micro-cicli tre, altri due, ma in altri ancora anche quattro volte.

Ovviamente nella fase in cui il volume ha raggiunto il culmine (45-50 serie al giorno), distribuivo il lavoro in 2-3 sedute giornaliere.

A 35-40 serie comunque ho prediletto le due sedute al giorno, mentre a 25-30 serie ho svolto il lavoro su un’unica seduta, anche se è capitato suddividerlo in due, ma non tutti i giorni.

Per almeno il 60-70% il lavoro totale l’ho svolto attraverso esercizi multiarticolari, ma finemente selezionati in base alle mie esigenze.

Ho iniziato con carichi con cui facevo serie da 4-6 ripetizioni (negli esercizi monoarticolari 6-8) per 5-8 serie ad esercizio.

Con il passare dei mesi sono riuscito a portare le ripetizioni a 7-10 (nei monoarticolari 8-12) e quindi ho potuto ridurre le serie a 4-5 mantenendo invariati i carichi, anche se inizialmente li ho abbassati leggermente per un mesetto circa, per poi aumentarli di settimana in settimana gradualmente.

* Ovviamente ho ricavato una media, che ha rappresentato il 90% del quantitativo di lavoro. In determinate circostanze ho inserito strategicamente stimoli diversi, come serie pesanti di stacco e a volte di squat (anche 2-3 ripetizioni di stacco e 3-4 di squat) o serie da 30 ripetizioni di pressa (esercizio che eseguo sempre senza scendere mai sotto le 10-12 ripetizioni).

 

CONCLUDENDO

Ovviamente quello che è già argomentato e dimostrato non ha bisogno di spiegazioni, tantomeno di interpretazioni, tuttavia anche se la cellula traduce i messaggi ricevuti dall’esterno e nell’immediato elabora una risposta inequivocabile, la mente si abbandona ad interpretazioni gestite dall’intuizione, che va ben oltre la fisiologia.

“Ho creduto fermamente nell’alta intensità, ma credo anche nel volume, ragion per cui adesso, nel dubbio, eseguo sempre una serie in più, perché l’intuizione è tale perché sa. Il cervello, la mente, pensano, perché non sanno”…

Di Scilipoti Nino