DISTENSIONE SU PANCA

INDISPENSABILE PER LO SVILUPPO DEI MUSCOLI PETTORALI

Parto dal presupposto che questo articolo, come quello sullo squat pubblicato giorni fa, ha come obiettivo quello di valorizzare la distensione su panca, ma senza porla come soluzione migliore e soprattutto unica per uno sviluppo omogeneo dei pettorali.

Come accade con lo squat, ci si ritrova spesso a sollecitare muscoli che non si desidererebbe colpire in maniera diretta con il sollevamento in questione, e questo dipende come al solito, dalla struttura soggettiva e della propensione genetica allo sviluppo di determinati gruppi muscolari.

Fatte queste premesse, non c’è dubbio che la distensione su panca eseguita correttamente, per molti bodybuilders rappresenta un sollevamento attraverso cui è possibile costruire pettorali densi e spessi.

Questo non è un articolo dedicato esclusivamente ai soliti consigli su come eseguire la panca, quindi rapidamente confermo che bisogna arcuare la schiena secondo le proprie possibilità, trovare la modalità più idonea per applicare pressione al suolo con i piedi, avvicinare le scapole tra loro e cercare di allontanare il più possibile le spalle dalle orecchie, toccando il torace con il bilanciere senza rimbalzi nella fase finale della discesa.

Ecco, ho fatto comunque un elenco per i più puntigliosi. Tuttavia se avete prestato attenzione, di sicuro avrete notato che non ho assolutamente citato traiettorie specifiche e larghezza della presa.

Il motivo di questo non è dovuto ad una mia negligenza, anzi al contrario, i prossimi argomenti che voglio porre in analisi riguardano proprio questi due aspetti fondamentali.

Tutta l’attività muscolare dei pettorali e dei muscoli sinergici che partecipano attivamente nella distensione su panca, dipende molto da questi due fattori specifici.

Traiettoria e larghezza della presa ottimali per focalizzare lo stimolo sui muscoli pettorali

Più la presa adoperata risulta stretta e più aumenta il ROM (Range of Motion).

Questo dato incide sul coinvolgimento muscolare perché dovendo compiere un quantitativo di strada maggiore aumenta di conseguenza la difficoltà dello schema motorio.

La traiettoria dipende dalla presa; più viene stretta la presa è più i gomiti si avvicinano ai fianchi nella fase discendente della ripetizione. Questo, se si osserva il movimento da una posizione laterale, comporta una traiettoria a J, poiché per questioni biomeccaniche il bilanciere è direzionato naturalmente verso l’addome piuttosto che verso il torace.

In questo modo i tricipiti ed i deltoidi anteriori, che hanno tra le loro funzioni quella di estendere, flettere e addurre l’omero, vengono sollecitati per una porzione di movimento più ampio e la traiettoria derivante farà sì che interverranno maggiormente.

Con una presa più larga i gomiti rimangono più lontani dai fianchi ed è biomeccanicamente più naturale abbassare il bilanciere verso il torace.

Di conseguenza saranno i pettorali, intervenendo nell’adduzione orizzontale dell’omero, ad essere sollecitati maggiormente.

Da qui hanno origine alcune considerazioni fondamentali per comprendere bene come il massimo reclutamento delle fibre dei pettorali, sia correlato a queste variabili.

Chi ha la capacità di inarcarsi “troppo” e possiede braccia più corte, di conseguenza riduce di molto il ROM, quindi necessita una presa più stretta a prescindere, altrimenti il movimento risulterà troppo efficiente, ma poco efficace.

Ovviamente in questo caso sono da considerare altri due fattori quali spessore del torace e lunghezza delle braccia, in quando se il soggetto in questione (mio fratello ed io rappresentiamo due esempi) presenta torace piccolo e braccia lunghe, inarcandosi molto e adoperando una presa più largha raggiungerà l’equilibrio ottimale tra ROM e traiettoria.

Altri aspetti da considerare riguardano la fase del sollevamento in cui i pettorali intervengono di più e il carico ottimale per il massimo reclutamento.

Per adempiere a questo scopo, propongo nuovamente alcuni estratti interessanti di due articoli provenienti da quella che è stata per molto tempo, la rivista di bodybuilding più famosa al mondo.

Massimizzare l’attività dei pettorali

Indagando l’attività muscolare durante le distensioni su panca, è stata osservata l’attività del grande pettorale, del deltoide anteriore e del tricipite brachiale.

I soggetti presi in analisi, tutti con esperienza nel campo dell’allenamento con i pesi, sono stati esaminati durante l’esecuzione della distensione su panca con un carico pari al loro 6RM.

Oltre a studiare la cinematica del bilanciere, hanno misurato tramite EMG l’attività di tutti i muscoli sinergici nel compimento del sollevamento in questione, sia prima che dopo la fase in cui spesso si rimane bloccati.

Nel corso delle sei ripetizioni, l’attività del tricipite è aumentata significativamente soltanto nella fase successiva a quella più difficoltosa.

Con l’insorgere della fatica, sono i muscoli pettorali e deltoidi ad agire per superare il blocco, come dimostrato dall’aumento dell’attività di questi muscoli prima e dopo la fase più difficoltosa durante le sei ripetizioni.

In pratica, la rivelazione sorprendente è che sono il grande pettorale e il deltoide anteriore, e non il tricipite, a lavorare per oltrepassare il punto di maggior difficoltà nelle distensioni su panca.

“FLEX”, febbraio 2014.

Il carico ottimale per sviluppare i pettorali

I ricercatori ha misurato l’attività del grande pettorale e dei capi anteriori e posteriori dei deltoidi nelle distensioni su piana in isometria in un gruppo di uomini.

I test hanno previsto l’utilizzo del 60, 70, 80 e 90% della massima contrazione volontaria isometrica (MVIC).

Sono emerse differenze nell’attività registrata tramite EMG tra grande pettorale, deltoide anteriore e posteriore in tutti i test fino al’80% della MVIC, mentre non è stata rilevata alcuna differenza tra l’80% e il 90% della MVIC.

La lezione che emerge da questa ricerca è che carichi pari all’80% della MICV provocano l’attivazione quasi massimale dei pettorali durante la distensione su piana, mentre carichi superiori a tale soglia non sembrano aumentare ulteriormente l’attivazione del grande pettorale.

“FLEX”, gennaio 2014.

Conclusione

La distensione su panca, come lo squat, può essere tranquillamente inclusa in qualsiasi programma orientato allo sviluppo muscolare.

In base alle caratteristiche soggettive andrà a procurare stimoli diversi in soggetti differenti, che dovranno essere bilanciati con quelli forniti da altri sollevamenti per ottenere un equilibrio ottimale.

Di Scilipoti Nino