SERIE AD ESAURIMENTO, POWERLIFTING E ALLENAMENTO DELLA FORZA

Un aspetto dogmatico coesiste con l’allenamento del powerlifting e della forza in generale e ahimè, ultimamente sta prendendo piede anche nell’allenamento finalizzato alla resa estetica; non si possono eseguire serie all’esaurimento…

Prendendo in considerazione gli schemi motori di specializzazione e non, sono molte le opinioni a sfavore del fatto che non vada assolutamente provocato l’esaurimento neuro-muscolare, in nessuna delle serie allenati.

Io, invece, credo che variare alcuni aspetti nella strutturazione dei programmi di allenamento, rispettando le leggi della metodologia e della fisiologia, permette di ampliare il parco di informazioni che giungono all’allenatore attraverso l’atleta.

Per questo motivo includo spesso nelle programmazioni di atleti uomini e donne (nel caso delle serie protratte quasi al limite entra in gioco la variabile della tenuta mentale nell’affrontare la fatica ed in questo le donne sono superiori) una serie protratta al quasi esaurimento con percentuali di carico allenati dal punto di vista del reclutamento muscolare per unità di tempo necessarie a provocare uno stress metabolico.

Osservando le reazioni psico-fisiche degli atleti ho notato in risposta una forma di adattamento positivo e quindi di miglioramento della prestazione, non che con altri sistemi ciò non sia accaduto, però ribadisco che più è ampio il parco a disposizione, di risposte soggettive a diverse tipologie di stress, più sarà possibile adattare al singolo soggetto la tipologia di lavoro con esso più compatibile.

Oltre a ricercare una risposta che chiaramente passa dall’aspetto psico-motivazionale dell’atleta, ho provato a ragionare per cercare di capire quali e se ci fossero anche spiegazioni dal punto di vista fisiologico.

SVILUPPO DI UN MODELLO ALLENANTE
PRODUTTIVO

Chiunque si impegni nella costante ricerca di livelli di forza superiori, esercita il proprio sistema neuro-muscolare attraverso la somministrazione ripetuta di sovraccarichi.

Esistono svariati modi per sovraccaricare il sistema provocando adattamento.

La costante è ovviamente l’utilizzo di un’intensità elevata (dal 80% in su) in termini di percentuale di carico.

Indipendentemente dalla zona d’intensità, un altro parametro è quello della ripetizione dello schema motorio scandito da intervalli di recupero, serie multiple.

Le unità motorie vengono reclutate a soglie.

Sono gestite dalla giunzione neuromuscolare, che consiste nella formazione di una sinapsi periferica che si viene a formare tra un motoneurone e l’unità motoria ad esso innervata.

Più è alta la frequenza di scarica e più unità motorie vengono reclutate. Il 100% dell’intensità provoca il massimo reclutamento di tutte le unità motorie con il massimo potenziale d’azione, che si propaga attraverso un sistema a tubuli giungendo alle unità contrattili (sarcolemma).

Il meccanismo fisiologico terminale della contrazione consiste nel rilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico nel citoplasma del miocita.

Questi, legando un sito specifico della troponina, provocano lo scivolamento della tropomiosina sulle teste di actina, lasciando liberi i solchi per lo spostamento delle teste di miosina.

Per fare avvenire questo fenomeno la membrana cellulare necessita una depolarizzazione, per favorire il gradiente protonico con l’uscita degli ioni potassio e l’ingresso degli ioni sodio che sono più carichi.

Un pesista che esegue serie multiple da 3-4 ripetizioni con l’80% del massimale, considerando recuperi sufficienti tra queste, noterà come la sua capacità di reclutamento sia ottimizzata nel corso delle varie serie.

Percentuali di carico a partire dal 80% generano un reclutato ottimale già dalle prime ripetizioni, ma consentono anche di protrarre la tensione per un tempo superiore, qualora vi sia l’intenzione di farlo e questo sommerebbe allo stress meccanico la conseguente trasduzione chimico-metabolica.

La tensione necessaria per generare contrazioni muscolari sufficienti a muovere i carichi quando ci si allena per aumentare la forza, richiede in un’unità di tempo molto limitata una quantità elevata di adenosintrifosfato.

Lavorare con ampio margine dall’esaurimento della contrazione, consente di non esaurire le riserve limitate di ATP e ne favorisce la rigenerazione aerobica per un periodo di tempo più lungo (tempo unità allenate) e consente di farlo per più intervalli (serie).

Tradotto significa che si può compiere più lavoro, accumulare più volume e per più tempo.

Il margine da mantenere tra ripetizioni eseguite e ripetizioni eseguibili non consente mai all’atleta di esprimersi al massimo delle proprie capacità nel sollevamento ripetuto di un determinato carico, però meccanismo consente di mantenere margine anche dal punto di vista dell’accumulo dei metaboliti derivati dalle ripetute contrazioni muscolari.

Lavorando sotto una certa soglia di carico è possibile generare lavoro in un segmento di tempo in cui l’ATP può essere rigenerato in contemporanea con il ripetersi delle contrazioni muscolari.

L’ATP in questo caso deriva dalla glicolisi anaerobica, ma questa genera un sottoprodotto finale, il piruvato, da cui deriva l’acido lattico, che essendo tossico viene convertito in lattato rilasciando ioni idrogeno.

Il lattato viene condotto al fegato per produrre nuovo glucosio da cui si produce altro piruvato con rigenerazione di ATP ed il ciclo continua fino a quando la concentrazione di ioni idrogeno supera quella di lattato.

Questo fattore determina l’arresto della contrazione.

Gli ioni sodio fuoriescono dalla cellula e rientrano quelli potassio ed allo stesso tempo il calcio rientra nel reticolo.

Una serie protratta fino all’esaurimento della contrazione o comunque con margine minimo, provoca una marcata deplezione di ATP e ioni, con notevole incremento dell’acidità muscolare.

Questo comporta l’impossibilità di riprodurre la stessa quantità di contrazioni a parità di carico nel breve periodo e per periodi multipli.

Tuttavia protrarre una delle tante serie eseguite oltre la soglia considerata ideale per ottenere il rapporto ottimale tra attivazione/potenza, oltre la quale vi è la concreta possibilità di sacrificare la fluidità del gesto per via dell’accumulo di sottoprodotti metabolici a livello intracellulare, può non compromettere l’intero percorso allenante, anzi per qualcuno, a mio avviso può rappresentare un valore aggiunto.

Il ripristino dell’ATP ed il bilanciamento tra ioni consente di proseguire il lavoro anche se non si è a pieno regime e questo lo sanno bene i culturisti, più condizionati a questa tipologia di stress.

Si può continuare, se la strutturazione del lavoro è calibrata bene, nonostante i serbatoi del calcio non siano pieni e la quantità di ioni sodio e potassio sia ridotta.

PERCHÉ PROTRARRE FINO AL QUASI ESAURIMENTO LA SERIE DI MEZZO

Ci sono diversi momenti (prima serie, seconda, ultima e così via) per “spingersi” in la in una serie.

I più impulsivi probabilmente preferiscono tagliare la testa al toro eseguendo la serie più dura all’inizio, i più tranquilli e pragmatici preferiscono lasciarla per ultima, per non dover compiere del lavoro dopo.

Ho notato che le serie più produttive divengono quelle di mezzo, sia dal punto di vista della fluidità del gesto, che della percezione di una minore fatica sistemica e locale.

Di solito quando si eseguono serie multiple con margine con un determinato carico, la massima efficienza si verifica nelle serie di mezzo, ma ovviamente questo accade se tutte le variabili che consentono l’espressione di una prestazione ottimale sono inquadrate nel dettaglio.

Ne consegue un miglioramento dell’efficienza della contrazione, intesa come attivazione neuro-muscolare e sincronizzazione intramuscolare/intermuscolare, ma anche una maggiore di fluidità di movimento garantita da strutture articolari più predisposte ad assorbire e gestire la tensione.

Le prime serie anche se eseguite in condizioni di efficienza neuromuscolare crescente ma non in fase di picco, non accusano l’alterazione in negativo dell’espressione del lavoro perché avvengono in condizioni di massima efficienza metabolica.

Le ultime serie godono dei massimi livelli di attivazione neuro-muscolare e conseguente ottimizzazione del reclutamento delle unità motorie, ma soffrono il decremento delle capacità metaboliche.

Saranno quindi le serie di mezzo a giovare della migliore condizione di equilibrio neuro-muscolo-metabolico e quindi sarà in queste che potrà essere espresso il massimo potenziale in termini di lavoro con il miglior rapporto tra efficienza ed efficacia.

Dopo le prime serie in cui si è generato l’ambiente ideale per ottimizzare il reclutamento, la condizione di freschezza metabolica consentirà di protrarre la tensione/stimolo con la massima capacità potenziale.

Le serie successive godranno della stessa attivazione e nonostante la freschezza metabolica si sia convertita in fatica, nelle cellule ci saranno comunque ioni a sufficienza per produrre altro lavoro a parità di carico, accumulando il volume utile per generare nell’atleta quegli adattamenti neuro-muscolari di cui necessita per progredire.

Di Scilipoti Nino