CEDIMENTO MUSCOLARE: AMICO O NEMICO?

Quando scrivo gli articoli, cerco sempre di immedesimarmi nel lettore, cercando di immaginare il livello di conoscenza che egli possa avere e quindi in che modo una lettura di questo genere possa contribuire ad ampliare il suo sapere in materia.

Penso sempre a quando io stesso andavo alla ricerca di articoli che avrebbero potuto informarmi su argomenti che non conoscevo, o che mi facessero cambiare idea su alcuni concetti errati.

Molte volte trovavo quello che cercavo, altre volte perdevo solo tempo. Ma ne valeva comunque la pena.

Leggere questo articolo potrebbe aiutare ad uscire dagli schemi mentali che si sono radicati nella mente e ad abbandonare quei concetti riguardanti l’allenamento che per parecchio tempo hanno limitato i progressi di chi lo legge.

Tali schemi sono legati alla concezione errata che si ha riguardo la mono-frequenza, il cedimento muscolare, il danno muscolare, l’isolamento muscolare.

Credere che se si fanno pochi esercizi in una sessione si rischia di non “danneggiare” a sufficienza le fibre muscolari o che ripetendo gli stessi schemi motori a distanza di 2 o 3 giorni si possano limitare i progressi e compromettere il recupero, è una cosa molto comune. Queste convinzioni limitano molto i risultati in palestra.

“C’è cedimento e cedimento”

Molti metodi di allenamento di bodybuilding si basano sulla ricerca spasmodica del cedimento muscolare. Quello che si è sempre creduto è che raggiungendo il cedimento muscolare si attivano tutte le fibre muscolari e che possano essere danneggiate attraverso questa procedura. Attraverso questo meccanismo avverrebbe uno stimolo maggiore della crescita muscolare.

Tuttavia non ho mai visto nessuno correre una maratona cercando di non arrivare al traguardo volutamente. Non è logico, come non è logico ricercare il cedimento muscolare.

L’errore che si commette è credere che il bodybuilding sia un’attività basata sull’istinto e sull’improvvisazione, quando invece risulta molto più logico programmare una progressione che porta a sovraccaricare sempre di più le unità motorie, producendo però sempre lo stesso livello di fatica.

Questo è un procedimento che genera risultati. E’ logico cercare di fare sempre di più, ma danneggiando sempre di meno.

Oggi percorro una certa distanza in un determinato quantitativo di tempo, domani riduco il tempo impiegato, dopodomani percorro una distanza maggiore e la settimana prossima riduco ulteriormente i tempi sulla nuova distanza.

L’allenamento del bodybuilding va organizzato esattamente in questo modo. L’essere umano, se sottoposto a stress esterni ha tre alternative: fuggire, adattarsi o morire.

L’incremento dell’ipertrofia muscolare rappresenta l’adattamento del corpo umano quando si pratica bodybuilding, mentre la morte è metaforicamente rappresentata dall’arresto dei progressi.

Puntando sempre a raggiungere il cedimento muscolare, si altera in negativo la capacità neuromotoria, compromettendo la contrazione muscolare.

Questa inefficienza è data dall’accumulo di sottoprodotti di scarto metabolico che si formano all’interno delle cellule muscolari.

Lavorando con molte ripetizioni a carichi bassi o ricorrendo a tecniche come serie composte e serie a scalare, si raggiunge il cedimento muscolare metabolico, causato appunto dall’eccessiva acidità cellulare dovuta al metabolismo del glicogeno.

Per sopravvivere ed adattarsi, è quindi opportuno strutturare l’allenamento di bodybuilding ricercando una progressione continua dei carichi. Cercare di sollevare sempre più peso per lo stesso numero di ripetizioni o sollevare lo stesso carico per un numero di ripetizioni superiore.

“Se capita di cedere deve avvenire con la giusta intensità”

La chiave di volta sta nel riuscire a mantenere sempre un livello d’intensità adeguato. Intensità troppo basse corrispondono a carichi con cui si riescono ad eseguire molte ripetizioni.

Se un carico con cui risultava proibitivo eseguire 5 ripetizioni diviene nel tempo molto meno difficoltoso e le ripetizioni diventano 10 o più, significa che dev’essere aumentato. In tabella è riportato il quantitativo esatto di ripetizioni che possono essere eseguite per ogni zona d’intensità.

Ho scritto altre volte e lo farò ancora, che l’intensità ottimale per stimolare l’ipertrofia muscolare deve aggirarsi intorno all’80%. Questa percentuale permette di reclutare tutte le unità motorie, permettendo allo stesso tempo di accumulare un ottimo quantitativo di volume, fattore che a percentuali più alte risulta impossibile.

Lo stimolo per l’adattamento è dato da questo rapporto. Intensità (carico) moltiplicata per il volume (quantitativo totale di ripetizioni). L’incapacità di eseguire ulteriori ripetizioni con l’intensità ottimale (80%), è definita cedimento meccanico.

Il cedimento meccanico, rispetto al cedimento metabolico, possiede molta più enfasi sullo stimolo dell’ipertrofia.

Il cedimento tecnico

Quando si perde la capacità di eseguire ripetizioni con la stessa forma con cui si è iniziata la serie, significa che è stato raggiunto il cedimento tecnico. Quando l’obiettivo principale è l’incremento della forza in determinati sollevamenti come nel caso del powerlifting e del sollevamento pesi olimpico, il cedimento tecnico è un fattore fondamentale da tenere in considerazione.

Modificare del tutto la forma d’esecuzione può risultare deleterio quando si cerca di perfezionare la tecnica dei sollevamenti. In questo caso entrano in gioco diversi fattori, come le traiettorie specifiche che consentono di sollevare molto più peso.

Perdere la traiettoria può sancire il fallimento dell’alzata, come avviene ad esempio nella prova di slancio del sollevamento pesi.

Tuttavia nell’allenamento di bodybuilding l’aspetto del cedimento tecnico ha una rilevanza inferiore, poiché i sollevamenti si eseguono con l’obiettivo di aumentare la forza pura in ogni settore dell’alzata, per reclutare più unità motorie possibili e quindi favorire maggiormente l’adattamento muscolare con conseguente incremento dell’ipertrofia.

Ciò non dev’essere però una scusa per storpiare completamente la corretta forma d’esecuzione dei sollevamenti, ma con il dovuto controllo, è possibile eseguire alcuni sollevamenti modificando leggermente la traiettoria se ancora i substrati energetici lo consentono.

Cedimento si o cedimento no

In conclusione posso dire che non è corretto ricercare volutamente il cedimento muscolare, ma che il suo sopraggiungere, deve rappresentare più che altro un’eventualità da tenere in considerazione.

Se il cedimento meccanico arriva prima che si siano completate tutte le ripetizioni previste dal programma, come ad esempio non riuscire a chiudere un 5×5 già dalla seconda o terza serie, bisogna porvi rimedio ricalcolando la % di carico.

Se invece dovesse arrivare alla quinta serie ciò non rappresenterebbe un dramma. Allo stesso tempo se si modifica leggermente la traiettoria per completare le ultime due ripetizioni dell’ultima serie di un determinato esercizio, significa che è stato ignorato il cedimento tecnico, ma nemmeno questo fattore è grave se l’obiettivo è la ricerca dell’ipertrofia.

Infine sarebbe opportuno limitare al minimo il cedimento metabolico, perché causa un eccessivo ed inutile affaticamento muscolare, compromettendo il recupero.

Di Scilipoti Nino